giovedì 27 gennaio 2011

 Le altre donne


di Concita De Gregorio 
 
Esistono anche altre donne. Esiste San Suu Kyi, che dice: «Un’esistenza significativa va al di là della mera gratificazione di necessità materiali. Non tutto si può comprare col denaro, non tutti sono disposti ad essere comprati. Quando penso a un paese più ricco non penso alla ricchezza in denaro, penso alle minori sofferenze per le persone, al rispetto delle leggi, alla sicurezza di ciascuno, all’istruzione incoraggiata e capace di ampliare gli orizzonti. Questo è il sollievo di un popolo».

Osservo le ragazze che entrano ed escono dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo che passano le notti travestite da infermiere a fingere di fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.

Sono sicura, so con certezza che la maggior parte delle donne italiane non è in fila per il bunga bunga. Sono certa che la prostituzione consapevole come forma di emancipazione dal bisogno e persino come strumento di accesso ai desideri effimeri sia la scelta, se scelta a queste condizioni si può chiamare, di una minima minoranza. È dunque alle altre, a tutte le altre donne che mi rivolgo. Sono due anni che lo faccio, ma oggi è il momento di rispondere forte: dove siete, ragazze? Madri, nonne, figlie, nipoti, dove siete. Di destra o di sinistra che siate, povere o ricche, del Nord o del Sud, donne figlie di un tempo che altre donne prima di voi hanno reso ricco di possibilità uguale e libero, dove siete? Davvero pensate di poter alzare le spalle, di poter dire non mi riguarda? Il grande interrogativo che grava sull’Italia, oggi, non è cosa faccia Silvio B. e perché.

La vera domanda è perché gli italiani e le italiane gli consentano di rappresentarli. Il problema non è lui, siete voi. Quel che il mondo ci domanda è: perché lo votate? Non può essere un’inchiesta della magistratura a decretare la fine del berlusconismo, dobbiamo essere noi. E non può essere la censura dei suoi vizi senili a condannarlo, né l’accertamento dei reati che ha commesso: dei reati lasciate che si occupi la magistratura, i vizi lasciate che restino miserie private.

Quel che non possiamo, che non potete consentire è che questo delirio senile di impotenza declinato da un uomo che ha i soldi – e come li ha fatti, a danno di chi, non ve lo domandate mai? - per pagare e per comprare cose e persone, prestazioni e silenzi, isole e leggi, deputati e puttane portate a domicilio come pizze continui ad essere il primo fra gli italiani, il modello, l’esempio, la guida, il padrone.

Lo sconcerto, lo sgomento non sono le carte che mostrano – al di là dei reati, oltre i vizi – un potere decadente fatto di una corte bolsa e ottuagenaria di lacchè che lucrano alle spalle del despota malato. Lo sgomento sono i padri, i fratelli che rispondono, alla domanda è sua figlia, sua sorella la fidanzata del presidente: «Magari». Un popolo di mantenuti, che manda le sue donne a fare sesso con un vecchio perché portino i soldi a casa, magari li portassero. Siete questo, tutti? Non penso, non credo che la maggioranza lo sia. Allora, però, è il momento di dirlo.
 
18 gennaio 2011

http://www.unita.it/firmedonne/

 

venerdì 21 gennaio 2011

Orazio Martinetti è uno storico della Svizzera Italiana, ed è l'autore dello scritto (che risale a qualche mese fa, a..diciamo prima di Mubarak) che vorrei condividere con voi, amici d'Italia. 


Ciao Italia



di Orazio Martinetti



 



Sottoscriverebbero oggi, i Consiglieri federali Hans-Rudolf Merz e Micheline Calmy-Rey, queste parole, espresse da Giuseppe Motta nel 1920 nelle vesti di Presidente della Confederazione? Le parole sono queste: «Gli Svizzeri amano l’Italia perché sanno che l’Italia non è soltanto “la terra dei fiori, dei suoni e dei carmi”, ma prima e più ancora la madre del diritto e della civiltà. Gli Svizzeri stimano gli Italiani perché ne conoscono le virtù singolari d’ingegno, di misura, di laboriosità, di sobrietà, di gentilezza. La gentilezza è virtù schiettamente italiana…».  Questo pensava e diceva Motta novant’anni or sono, all’indomani della grande guerra, catastrofe immane che aveva dissolto un impero come quello austro-ungarico. L’airolese aveva probabilmente in mente le pagine giobertiane del Primato morale e civile degli italiani.



(...)



Che cosa sta succedendo all’Italia, alla nostra madre culturale, alla custode della nostra lingua? La domanda turba noi, svizzero-italiani,  e poi turba tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’italiano e dell’italianità nel mondo. Ma angoscia soprattutto gli italiani stessi, perlomeno coloro che sono sinceramente preoccupati per il clima da basso impero che ha investito il paese, le istituzioni, le università, il mondo dell’informazione,  la ricerca scientifica, l’editoria. Noi qui seguiamo i recenti episodi di corruzione e spreco come comitive davanti ad un acquario. Ma per chi questa situazione la vive giornalmente è un dramma. Alcuni di loro – come Giorgio Bocca, Curzio Maltese, Marco Alfieri, Guido Crainz – hanno scritto parole di fuoco sul «declino della nazione» e sul sultano che la guida. 



Si dirà che  il catalogo di tali vizi non è nuovo, anzi è antico, risalendo addirittura all’invettiva dantesca «Ahi, serva Italia, di dolore ostello…». Ma non è di questo che vogliamo parlare.  Qui si vorrebbe sottolineare una conseguenza che è perniciosa anche per noi, ticinesi, e «italici» in genere. Perché l’Italia decadente, lacerata, sfiduciata,  trascina con sé anche l’italianità fuori d’Italia. Non è possibile ignorare questo rimbalzo. Detto grossolanamente: se l’Italia cresce, crescono anche la lingua e la cultura italiane fuori d’Italia, il potere contrattuale delle minoranze latine nei confronti di Berna; la presenza dell’italiano nei licei e nelle facoltà di lettere; se l’Italia precipita nella scala internazionale del prestigio e della considerazione,  scendono anche la Svizzera italiana e la colonia italiana nella Confederazione. È un’illusione credere che la nostra «personalità» linguistico-culturale possa sussistere e prosperare lontano dal tronco principale, dentro una specie di bolla autosufficiente. 



Purtroppo questo governo Berlusconi davvero «poco gentile» ha guastato tutto. La sue iniziative, anziché favorire gli scambi, ha alzato barriere e creato ostacoli. Gli stessi collegamenti ferroviari dal Ticino verso Milano si sono fatti più saltuari e macchinosi. Anziché progredire sulla strada delle relazioni transfrontaliere, dei progetti comuni, degli accordi effettivamente rispettati da una parte e dall’altra, si sta regredendo verso una nuova guerra fredda italo-svizzera. Una situazione che purtroppo finisce per alimentare anche il mulino in cui sono all’opera i mugnai del regionalismo regressivo ticinese.

sabato 15 gennaio 2011

Da Zena (www.colfavoredellenebbie.splinder.com ) ho trovato quello che stavo cercando per rispondere ad una persona per me importante. Grazie, cara Zena, del tuo post, dove leggiamo per esempio che..Per questo suo porsi come diaframma metaforico, l’argine diventa un margine, una linea di confine che consente di non appartenere compiutamente ai due mondi, pur permettendo di costeggiare entrambi, di guardarli, sentirli e ripensarli nella distanza della poesia.
E’ un luogo dell’anima, dunque, in cui il tempo si può ripercorrere nei due sensi del presente e del passato,  nel loro incrociarsi e prestarsi presenze: qui si può stare nell’attesa del nuovo e dei ritorni.
E’ un elemento della geografia interiore, dentro il quale, nella dislocazione temporale, si ricuce un dialogo d’amore che parte da lontano e attraversa sotterraneamente la vita come i fiumi carsici, per affiorare solo a brevi tratti: una vena d’amore spesso sognato, risorsa incompiuta, annidata nelle pieghe e nei risvolti dei giorni che schizzano veloci e delle notti graffiate dai lampioni

giovedì 6 gennaio 2011

AH, L'AMICIZIA...
Non scrivevo post così lunghi da secoli. Stavo per cliccare su pubblica e mi è sparito tutto ("non sei collegato a internet"). Uffa.
Riassunto: era un post in risposta ad una "richiesta di amicizia" rifiutata.
Volevo solo dire che per me l'Amicizia, quando l' "A" è maiuscola, o finisce o riprende innalzandosi di livello. Per nessuna ragione si accetta la retrocessione di "qualche passo indietro". Per altri livelli di "amicizie" c'è facebook, che tutto livella e tutto a guardar bene gli sta bene. 
Oggi (come cambiano le cose in poco tempo, per noi che eravamo innamorati delle incredibili possibilità -anche emotive- della rete) le mie amiche e i miei amici -pochissime eccezioni incluse- io li voglio poter vedere e toccare, e far merende insieme, possibilmente 

P.S senza offesa per nessuno, anzi chi mi è amico (a) venga pure a trovarmi, possibilmente di domenica e possibilmente con un dolcetto appena sfornato ;))

domenica 2 gennaio 2011


I sogni..son desideri. I desideri sono progetti in attesa di un passo, un altro piccolo passo coraggioso.

Nel bellissimo blog di elasti (nonsolomamma.splinder.com) si invitano i commentatori  a confidare i desideri rigorosamente importanti che si vorrebbero realizzare nel 2011.
Io ho scritto questo:
Far sparire dalla mia vita la parola panico. E finalmente poter andare da sola da qualche parte, che non sia nei dintorni, senza qualcuno di "rassicurante" vicino a me. Il panico mi ha aiutata a vivere, a conoscermi in profondità, a cambiare vita, a imboccare strade meravigliose e impensabili, a tenermi lontana dalle derive. Ma ora potrebbe anche lasciarmi un po' libera.