domenica 10 aprile 2005


Alla folla ignota
di Furio Colombo

Ma chi è questa gente? Chi sono questi uomini, donne, bambini, ragazzi che non assomigliano né alle grandi adunate politiche né alle immagini dello sport, pubblicità della musica? Perché continuano a venire persino quando sanno che non basta più né lo spazio né il tempo? Che cosa cercano, a chi ubbidiscono?


Difficile dire, guardandoli, se hanno un legame e quale. Ma lentissimamente avanzano insieme. Lasceranno traccia nella Storia solo come la più grande folla muta che si sia mai vista al mondo.


Sappiamo che cosa non sono. Non sono consumatori, non sono fans, non sono una moda o un costume, non rappresentano nessuno dei mondi a cui ciascuno appartiene. Ciascuno qui è soltanto se stesso. Eppure resterà la traccia o l'immagine di nessuno in particolare. Sarà per sempre ricordata la folla che non smette di crescere e di avanzare, piano, in silenzio.


È un misterioso aggregato vivente, come i ricercatori vedono al microscopio, milioni di particelle diverse che sembrano una unica cosa. Eppure dentro quell'aggregato vivente sai benissimo che ciascuno attraversa una grandissima scena, un suo unico evento di cui ciascuno, da solo, è il protagonista. Tutto si forma e si muove e continua ad andare, lentamente e inspiegabilmente, per chilometri, per ore, perché ciascuna particella di quella folla, ha caparbiamente deciso di esserci, di avanzare un passo alla volta con il solo progetto di arrivare.


Non è né paziente né impaziente questa folla, né docile né impetuosa. È calma e disperatamente decisa. Improvvisamente il corso di milioni di vite totalmente slegate si lega in un immenso corpo unico che ha un'unica ragione di muoversi e una sola destinazione. Qui non c’è alcun rapporto con i grandi, con i celebri, con i coronati che compaiono, ciascuno alla giusta distanza e con la giusta identificazione, al funerale del Papa. Questo mare di viventi non è suddito di nessuno e non è padrone di niente. Tutto ciò che accade qui costa grande fatica fisica.


È un avanzare lento di ore e di giorni. Ma a quanto pare la fatica fisica non conta, ognuno l'affronta e la patisce senza calcolarla, senza neppure occuparsene, come se non fosse immensa quanto la folla.


Evidentemente questa non è una prova, è un impulso. Un impulso calmo, continuo, ragionevole e non fermabile. Come si vede dalla inconciliabilità di ciascuna di queste parole, ciò che è accaduto per giorni a Roma, lasciando a bocca aperta il mondo, è un evento inspiegato dal punto di vista del giudizio e del senso comune. Fili di emozione che originano in vite sconnesse scorrono accanto come in un gigantesco cavo coassiale, ciascuno animato da un passato o motivato da un punto di arrivo che non è il corpo del Papa morto ma il bisogno di attraversare un campo di forza rispondendo a un richiamo.


Succede nella Storia. Ma succede di rado. Succedeva nei secoli, al tempo delle comunicazioni a voce, dei racconti di pochi testimoni lontani, quando ogni viaggio coincideva quasi con la durata di una vita. Non può succedere con la televisione e con internet. Adesso stai a casa e guardi. Abiti il mondo in cui non vivi e sei sempre in un territorio a cui non appartieni. E invece è successo qualcosa che studiosi della mente e del comportamento umano non hanno previsto. Le gente esce di casa, di città, di nazione, di continente, e si mette in fila, ciascuno da solo e per sue ragioni. Una fila immensa. Viene avanti piano un mondo di cui non sappiamo niente. Forse li ha chiamati e stanati quella frase strana, per questi tempi: «Non abbiate paura».


Forse invece è il silenzio del Papa, che non può più parlare. Il Papa senza voce ha risuonato dentro milioni di persone lontane. Senza voce ha chiamato e una immensa folla arriva, ciascuno portando, come un regno, se stesso. Dobbiamo chiamarli pellegrini? Lo fanno i media, ma i pellegrini possono nascere e organizzarsi in un istante, o in poche ore?


Dobbiamo chiamarli fedeli? Nessuno è qui a misurare la fede, nessuno lo chiede, nessuno lo saprà mai. Qualcosa succede dentro. Chiamarli curiosi è frivolo e marginale. Nessun curioso patisce tanto. Qualcuno ha detto: «Sono testimoni. Sono qui, costi quello che costi per dire "Io c'ero"». Ma per dirlo a chi? Se questo mare immenso di folla ti dice che c'erano tutti.


Questa immensa creatura con milioni di teste e di attese non può esistere senza ciascuno di coloro che camminano avanti, piano, sempre. Sono in file lunghissime perché ciascuno risponde al suo richiamo, alla sua ragione che non divide con nessuno.


Centinaia di migliaia di muti dialoghi col Papa morto sono in corso nel silenzio immenso. Come fa Dio ad ascoltare tutte le preghiere? Domandano i bambini. Ecco, così. Ciascuno parla muto e va avanti convinto di essere stato chiamato in modo urgente e imperioso dall'uomo senza voce che stava morendo. Il grande essere vivente va avanti un passo alla volta sotto forma di folla che non comincia e che non finisce (così la vedono dalle televisioni del mondo), non è passivo, non controlla, non comanda, non ubbidisce. Non è in ascolto come ai concerti. Non è in adorazione del capo, come i fanatici. Si muove lentamente in avanti perché questo è il compito, il senso di ciò che accade. Il grande essere vivente, ondeggia appena, in un ordine senza ordini. Ogni sua particella entra da sola, in una scena che gli altri non vedono. Ciascuno risponde in silenzio o con poco rumore al richiamo di un Papa muto.



Grazie, ancora una volta, alla segnalazione fatta da Carnesalli!


15 commenti:

  1. grazie, molto bello questo post..l'ho già letto da Giosefh.( se non sbaglio)
    un sorriso
    veradafne

    RispondiElimina
  2. Sapessi come ci verrei a quella colazione sull'erba un post più giù!... Ma sono fisicamente lontana lontana. Con la mente no. Sgranocchaite anche per me. E un bacio a te e Mel.

    RispondiElimina
  3. Rita...pare che arrivi gente dalla Puglia...;)!

    RispondiElimina
  4. ciao mir, sono ancora tappata nel mio silenzio interiore e in alcuni momenti sembra tanto e tale da nn sentire nulla nemmeno all'esterno... ma passerà, nel frattempo un caro sorriso e un dolce abbraccio stella

    RispondiElimina
  5. cara Stella, vuoi la chiave? Vera, l'hai usata per ultima tu la casina in Siberia, pensaci tu. grazie...
    A proposito, ma gli uomini non si ritirano mai a spalare neve in Siberia? Loro quando sono in crisi chiudono il blog? male....! ;)

    RispondiElimina
  6. Un saluto Mirella! Maria Grazia.

    RispondiElimina
  7. eheheheh... si la chiave! ecco quello che mi manca... l'isolamento! bacioni

    RispondiElimina
  8. Mir..la chiave te l'ho restituita..non ricordi?
    dove l'hai messa?..nella borsa?.. sullo scaffale?...sul comodino?...non sarà finita nell'impasto della torta?:-)))
    su, su,.. vai a controllare...
    un sorriso
    veradafne

    RispondiElimina
  9. Oh mammamia! a chi l'ho data la chiave??? Daisy, l'ha presa lei, sicuramente. Non vedete che manca da giorni?
    DAIDY!!! Stella ti viene a dare una mano, mi raccomando meditate anche un po' per noi povere foglie frali.

    RispondiElimina
  10. Un salutone Mirella...a me la chiave non l'hai data!
    Giovanni

    RispondiElimina
  11. buongiorno Mir...mi sono dimenticata di dirti che nella casina in Siberia c'è il frigorifero che non funziona...provvedi tu che ne sei la proprietaria?...mmm...però a pensarci bene...vista la temperatura...tranquilla!...non serve!:-))
    è uscita la chiave?
    un sorriso
    veradafne

    RispondiElimina
  12. Giovanni, l'ha presa lui e ora...nega :-(
    Tranquilla Vera, ho fatto qualche buco nella neve, sono persino riuscita a fare un gelato un giorno (nella pausa delle spalate)
    Daisi passi in silenzio?Un abbraccio!

    RispondiElimina
  13. mi piace molto questo tuo post. mi sto interrogando, ora che è tutto finito e aspettiamo la nuova fumata bianca, il senso di questa "follia" collettiva. certo che ci stanno dentro molte cose: l'Uomo e i l suo richiamo ma anche i media che hanno martellato per giorni e sembrava che tutti ma proprio tutti fossero lì e in questo modo suscitavano la voglia i esserci.. ma c'è anche questo senso del collettivo , dell'evento di un qualcosa che nasce ogni tanto nella storia e che è Storia.

    RispondiElimina